Riflessione sul tema della XVII edizione del Giorno Del Gioco
Un grande paradosso dei tempi moderni è che più veloci andiamo, meno tempo abbiamo. Si può risparmiare più tempo rallentando il nostro ritmo di vita piuttosto che affrettandolo. É questa forse la lezione provvidenziale dei nostri tempi attuali segnati dall’epidemia di Coronavirus che ha costretto tutti a fermarsi, ad incontri virtuali, a cancellare o trasformare eventi come è successo, per ben due volte, per le ultime edizioni del nostro Giorno del Gioco. Ora è il tempo di ricominciare e di reinventare. I vari “lockdown” hanno rappresentato un addestramento utile per imparare a rallentare, ad ascoltare di più, a scrutare meglio i particolari e anche a trarre beneficio da relazioni, libri, paesaggi, parole e giochi. Andare lenti può essere tradotto nel prendersi cura di un libro, di una pianta, di un animale, di una persona che amiamo e anche di noi stessi, nell’abbandonarci in un gioco. Sarebbe un esercizio importantissimo anche per i bambini ed i ragazzi: rallentare per prendersi cura di qualcosa o di qualcuno.
Adesso che stiamo cominciando a ripartire è inevitabile pensare di dover recuperare il tempo perduto. Ma certamente è sbagliato forse dire ai nostri ragazzi abbiamo perso gran parte dell’anno scolastico e quindi dobbiamo recuperare. Ma probabilmente il segreto sta proprio in questo: non dobbiamo pensare di aver perso tempo e non dobbiamo pensare che un ritmo meno frenetico corrisponda a minore produttività, minori occasioni, minori risultati. “PRONTI PARTENZA RILASSATEVI !” questo potrebbe essere il motto da coniare per la nostra prossima XVII edizione del Giorno del Gioco, che richiama la massima latina Festìna lente (“Affrettati lentamente”), attribuita all’Imperatore Augusto dallo storico latino Svetonio, oppure il proverbio napoletano “Và chiano, ca vaco ‘e pressa – dicette Munzignore a ‘o cucchiere.” o il più noto aforisma “Chi va piano va sano e va lontano”.
Il “gioco” ispira il “pensiero lento” in cui ha inizio la creatività. Huizinga, per esempio, chiama il gioco “un intermezzo, un interludio nella nostra vita quotidiana” in cui le regole possono essere infrante, un qualcosa che crea discontinuità nelle nostre vite. Il gioco dei bambini come il pensare in maniera rilassata è volontario, non ha alcun compito e può essere differito o sospeso in qualsiasi momento. Il gioco crea il proprio tempo, regole e senso dell’ordine, servendo da modello per il pensiero lento. E come il gioco, il pensiero lento è collegato alla follia, ma non è sciocco. Il gioco, nello studio di Huizinga, non ha alcuna funzione biologica o morale – non è né una necessità fisica né un dovere morale. Nessun interesse materiale matura dal gioco e “non si può ottenere alcun profitto”. In tal senso il gioco oggi può rappresentare anche una giusta resistenza al tirannico ritmo imposto dal digitale, capro espiatorio dei malesseri del nostro tempo. In alcuni paesi sono nate delle scuole “slow”, dove non si studia meno, ma si lascia più spazio all’inventiva e all’analisi dei cambiamenti culturali. I bambini, meno stressati dalla mole di lavoro, dai compiti e dai voti, sono meno agitati e più curiosi, mostrando una maggiore capacità di pensare autonomamente. Lo stesso approccio può essere applicato al gioco. In definitiva i nostri figli hanno diritto alla lentezza. I più piccoli hanno bisogno di spazi anche per il gioco non strutturato, come ad esempio essere lasciati liberi di giocare nel parco, costruire un castello con i lego, o anche solo guardare fuori dalla finestra. Magari accendendo un pò meno spesso la TV o evitando di usare il cellulare.
La velocità non è il male, non va demonizzata e saremmo tutti più poveri se scomparisse. L’ideale però sarebbe trovare il giusto compromesso tra l’ “ozio creativo” e il “logorio del dinamismo della vita moderna”. Anziché fare tutto più in fretta, fate tutto alla velocità giusta. Applicare la lentezza al proprio quotidiano è facile se si comincia con piccoli gesti, prendendosi il tempo necessario per fare le cose per bene. Come ad esempio una passeggiata con una persona cara, concedersi qualche ora per rilassarsi a dovere. “Il grande vantaggio della lentezza è il recupero del tempo e della tranquillità necessari a instaurare legami significativi: con gli individui, la cultura, la città, il lavoro, la natura, il nostro corpo e la nostra mente”. il gioco no strutturato è il contrario delle attività utili, l’opposto di laboriosità e organizzazione.
Le ore libere non sono buchi da colmare ma sono ciò che permette alla nostra mente di riorganizzare tutto il resto con creatività, come la casella vuota nel gioco del quindici. Non è semplice compiere questi passi, ma i fatti dimostrano che ne vale la pena. Anziché fare tutto più in fretta dobbiamo cercare di decelerare, coprendo che la lentezza ci aiuta a vivere, a lavorare, pensare e giocare meglio.
Il mondo dei bambini, naturale e tranquillo, fatto di giochi, di immaginazione e finzione viene spesso forzato dalla nostra incapacità di rispettarne i tempi e anzi spesso capita di spingere sul loro acceleratore: lo fa la scuola, quando li costringe ad andare veloci per rispettare i programmi ministeriali, e lo facciamo noi genitori, che oggi li portiamo a nuoto, domani a danza, dopodomani a lezione di musica … dandogli sempre più cose da fare, perché possano ottenere obiettivi e raggiungere traguardi, trascurando il loro giusto “diritto all’ozio, il primo dei dieci “Diritti naturali dei bambini e delle bambine” di Gianfranco Zavalloni.
Come nel festival della lentezza: “Smontare il mondo e rimontarlo, un pezzo alla volta. Togliere e aggiungere. Battere e levare. Come bravi architetti della tensione emotiva. O come fabbri del desiderio. Calpestare nuove strade senza scordare chi siamo, spronati dalla nostalgia del futuro. Andare oltre, anche. ai pregiudizi e alle paure. Oltre a tutta questa rabbia che ci paralizza. Avere cura di scrivere una storia diversa.
Che bello sarebbe possedere una scala lunga quel tanto che basta per raggiungere il cielo. Appiccicarcisi e dare un’occhiata. Vedere cosa nasconde la luce. Ostinata e inviolabile. Toccare il motore dell’immaginazione. Aiutare a riavviarlo. Farsi pistone, ingranaggio. Per un’alfabetizzazione sentimentale di massa. Imparare a resistere dentro uno spazio più giusto. In uno spazio più onesto.
Non è un interruttore. E nemmeno una speranza. Cosa tiene accese le stelle è la riscossa di chi intende ostinato provarci. La moltiplicazione popolare dei sogni. La sfacciata convinzione che le cose possano cambiare. Dicono che per cambiarle, le cose, serva radicalità. E coraggio da vendere. E braccia che sanno accogliere.
Occorre ricominciare daccapo. Sapendo che proveranno a fermarci, ma che non ci saranno riusciti. Noi, partigiani del tempo, liberi dall’ingombro del presente.”
La XVII edizione del giorno del Gioco a San Giorgio a Cremano viene colta come occasione per guardare ancora una violta con occhi diversi la città. Protagonista di questa edizione non sarà la lentezza di movimento ma piuttosto un’incedere capace di trovare pause, riflessioni e incontri che amplificano l’esperienza del giocare del camminare a piedi, del ragionare insieme.
-Arch. Francesco Langella